Il rispetto per una donna inizia dalle parole.

Il rispetto per una donna inizia dalle parole.
Ci sono ferite che non si vedono e rumori che non hanno suono. A volte la violenza non lascia lividi sulla pelle, ma impronte sull’anima. Può nascere da una frase leggera, da un giudizio lanciato come niente, da definizioni che diventano confini. Perché le parole non sono solo suoni: sono chiavi, direzioni, possibilità. È lì, nel linguaggio — prima che nei gesti — che si misura il valore riconosciuto a una donna: non quando la si applaude, ma quando la si nomina; non quando la si celebra, ma quando la si ascolta.
Il 25 novembre non è una ricorrenza. È una soglia. È il confine tra ciò che ancora raccontiamo e ciò che dobbiamo finalmente diventare. È il giorno in cui ricordare che la dignità di ogni donna non è un valore da concedere, ma il presupposto fondamentale per definirci esseri umani. La violenza non comincia quando una mano si alza, ma quando una voce si spegne; quando uno sguardo giudica invece di accogliere; quando un talento viene definito “eccezione” e non “diritto”.
E tuttavia, accanto a questa storia dolorosa, ce n’è una che cresce forte, competente e luminosa: quella delle donne che costruiscono il futuro con visione e determinazione. Nel mondo dell’ingegneria, della scienza, della tecnologia e della ricerca, le donne stanno riscrivendo il panorama della conoscenza umana. Eppure, i numeri ci parlano con una sincerità che non possiamo ignorare: al 31 dicembre 2024 gli iscritti all’Ordine sono 2.499, ma di questi solo 400 sono donne, appena il 16% dell’intera comunità professionale. E questa fotografia si fa ancora più eloquente quando osserviamo le sezioni: nella Sezione A, su 2.355 iscritti, le donne sono 389; nella Sezione B, su 144 iscritti, appena 11. Dietro queste cifre non ci sono statistiche, ma storie. Storie di talenti che avanzano controvento, di ambizioni che chiedono spazio, di competenze che ancora non trovano pieno riconoscimento.
Eppure, varcano laboratori e cantieri, progettano, innovano, guidano e creano. Non chiedono spazio per concessione, ma perché lo meritano. Non avanzano per privilegio, ma per competenza. Non desiderano essere un’eccezione: desiderano essere presenza naturale.
Per questo il lavoro della Commissione Pari Opportunità dell’Ordine degli Ingegneri non è semplice amministrazione: è cura culturale. Non consiste nel redigere documenti, compilare verbali o adempiere a formalità: significa interrogare visioni, abitudini, linguaggi, spazi decisionali e processi selettivi. Significa chiedersi non solo quante donne vi siano nella professione, ma come esse vengano viste, ascoltate, rappresentate, tutelate e valorizzate. La pari opportunità non è un capitolo normativo da aggiornare, ma un processo di maturazione collettiva che attraversa formazione, etica, identità professionale e responsabilità istituzionale. È un lavoro che ha a che fare con il presente ma, soprattutto, con il futuro: un futuro che non sarà realmente innovativo finché metà del talento potenziale rimarrà marginalizzato, invisibile o sottoutilizzato.
Operare in questo ambito significa creare le condizioni affinché le competenze non siano mai lette attraverso il genere, ma attraverso il merito, la preparazione e il contributo. Significa sostenere chi entra nella professione, proteggere chi la esercita e motivare chi, un domani, vorrebbe sceglierla senza dubbi, senza timori e senza sentirsi un’eccezione statistica o culturale. È un lavoro che richiede visione, sensibilità e perseveranza, perché cambiare la cultura non significa cambiare le regole, ma cambiare le mentalità. E questa trasformazione non avviene con una delibera, ma con l’esempio quotidiano, con la formazione, con il coraggio di nominare le differenze, con la proposta di percorsi che aprono strade e non le restringono. Per questo la Commissione Pari Opportunità non è un organo interno: è una frontiera etica, un presidio di consapevolezza e un laboratorio di futuro.
La Giornata contro la violenza sulle donne ci ricorda che la violenza non è solo fisica: è culturale, simbolica, linguistica, professionale. La prevenzione non si esaurisce nei codici e nelle statistiche: si costruisce nell’educazione, nell’esempio, nella scelta delle parole, nella qualità delle relazioni, nella responsabilità delle istituzioni.
La vera vittoria arriverà quando non dovremo più chiedere rispetto; quando la presenza femminile non dovrà essere difesa; quando dire “ingegnere” potrà indicare una donna senza necessità di specificarlo.
Che ogni parola diventi un ponte, e non una ferita.
Che la voce di ogni donna sia origine, non eco.
Che la dignità non si conquisti: si riconosca.


Il Presidente
Ing. Francesco Foti